La via Claudia-Augusta - Settima Tappa

Trento – Verona
13 luglio 2014

“Seguo la natura senza poterla afferrare; questo fiume scende, risale, un giorno verde e poi giallo, oggi pomeriggio asciutto e domani sarà un torrente.” (Claude Monet)


La sveglia per la tappa decisiva, in conseguenza delle feroci pressioni di Filippo, viene rimessa alle 8.00 con l’obiettivo di essere in sella alle 9.00. Dopo i primi momenti di totale agonia, riusciamo a uscire da sotto le coperte ed iniziamo, a turno, a deambulare verso il bagno, allo scopo di scendere il più velocemente possibile a riempirci lo stomaco.

La colazione del Grand Hotel Trento è degna del nome dell’albergo. A piano terra ci imbattiamo, infatti, in un buffet veramente gigantesco comprensivo di una quantità di roba improponibile: formaggi, affettati, uova e bacon croccante, croissant, torte di varia natura, biscotti, fette biscottate, marmellate, crema alla nocciola, frutta fresca e yogurt. Siamo dispiaciuti di non avere a disposizione tutta la giornata per assaggiare tutto quello che l’abbondanza ci offre.

Anche con il nostro poco tempo, riusciamo comunque a fare onore alla colazione. Mentre mangiamo, come spesso accade, ci dedichiamo anche nella consultazione della guida. Sfogliando le pagine della tappa odierna, oltre a rifare per la ventesima volta il calcolo dei chilometri, ricavando sempre il medesimo risultato, ci accorgiamo di un dettaglio di non poco conto: in prossimità di Rivoli Veronese incontreremo una salita di tutto rispetto. La tappa lunga 100 km, ma pianeggiante, si trasforma quindi in una tappa lunga 100 km, ma poco pianeggiante. Di male in peggio. Come da copione, l’umore di Filippo si tinge di nero, mentre Alessandro e Mauro sminuiscono le difficoltà.

Torniamo nuovamente in camera per radunare le nostre cose. Stranamente, almeno per una volta, l’orario deciso per la partenza viene rispettato abbastanza fedelmente, a parte il tradizionale quarto d’ora accademico derivante dall’incredibile lentezza di Alessandro nel prepararsi.

Alle 9.15 siamo in sella, belli e ganzi, e il tratto di 26 km fino a Rovereto scorre piuttosto rapidamente: alle 11.00 siamo già in una piazzetta del paese, seduti ad un tavolino con un caffè di fronte. Durante questo tratto non registriamo particolari avvenimenti degni di nota. L’unica differenza che notiamo rispetto ai giorni precedenti è il notevole traffico di ciclisti con i quali condividiamo la strada: ma è pur sempre domenica e, a quanto pare, diverse persone hanno scelto di trascorrere la mattinata all’aria aperta.

A Rovereto, cerchiamo di perdere poco tempo e ripartiamo 10 minuti più tardi, con l’obiettivo di raggiungere la frazione di Borghetto sull’Adige (Avio) per l’ora di pranzo. La scelta della località deriva dal fatto che in prossimità di essa si trova il confine tra Trentino Alto Adige e Veneto. In questa parte del percorso, la ciclabile abbandona le coltivazioni di mele per immergersi in mezzo alle viti, dalle quali nascono i celebri vini trentini. Poter vedere il vino nel suo stato embrionale, è sempre un gran piacere.

Questo tratto ci riserva anche una piccola, piacevole, sorpresa che ci fa tornare alla mente il leggendario viaggio dell’anno precedente, lungo la via Francigena: difatti, a bordo strada incontriamo il cartello che indica l’attraversamento del 46esimo parallelo. L’anno precedente, durante la percorrenza della seconda tappa, all’altezza della frazione di Gallina (Castiglione d’Orcia), avevamo superato il 43esimo parallelo: sembra proprio che le coordinate geografiche vogliano accompagnare i nostri viaggi.


La sosta pranzo avviene ad Avio, pochi chilometri prima di Borghetto. Ci fermiamo in un minuscolo ristorante lungo la strada e ci concediamo due abbondanti piatti di pasta e uno di canederli. Ovviamente, dopo aver attraversato per diversi chilometri distese di vigneti, non possiamo non concederci un buon bicchiere di bianco.

Non ci fermiamo molto a riposare, dato che la strada è ancora lunga e i 50 km che ci separano da Verona ci sembrano veramente un’immensità. A complicare il tutto, abbiamo anche da gestire il pessimo umore di Filippo, rimasto nero dall’ora di colazione. Ecco quindi che il buon Filippo ricomincia una lunga polemica su tutti gli argomenti, comprensivi di varie ed eventuali.

Una volta entrati in Veneto, ci facciamo prendere dalla voglia di arrivare il prima possibile: effettivamente in questo tratto non vi sono particolari che contribuiscono a destare la nostra attenzione e la percorrenza diviene alquanto monotona. Per un attimo ponderiamo anche la possibilità di abbandonare il percorso tradizionale della via Claudia-Augusta per lanciarci lungo la trafficatissima statale: per fortuna un ciclista di passaggio, oltre a farci notare che non è proprio il caso di avventurarci nella strada principale, ci svela che da poco più di un mese è stata inaugurata una nuova pista ciclabile fino a Verona.

Effettivamente la nuova pista ciclabile è davvero fantastica, con un asfalto pressoché perfetto e un percorso abbastanza rettilineo lungo un canale dell’Adige. Per un attimo iniziamo anche a pensare che attraverso il nuovo tracciato si possa scampare la scalata fino a Rivoli Veronese, ma proprio quando iniziamo a cantare vittoria, ecco che una terribile salita ci si presenta di fronte con aria di sfida. Tutte le nostre speranze di poter aggirare la collina per mezzo di fantomatiche scorciatoie, si arrendono davanti alla parete di roccia che sovrasta l’Adige: è evidente che non c’è niente da fare, ci tocca durare fatica.


La tanto elogiata pista ciclabile in questo tratto tradisce la nostra fiducia, dato che attraversa un bosco lungo un percorso decisamente più tortuoso della strada carrabile e, soltanto dopo averci battuto la bocca, comprendiamo che sarebbe stato meglio evitarla. Filippo, a questo punto, inizia a dare seri segni di squilibrio, maledicendo tutto e tutti. Ormai ci siamo abbastanza abituati, quindi facciamo passare lo sfogo piuttosto in sordina.

Quando arriviamo in cima alla collina siamo veramente distrutti, anche a causa del caldo, nostro nuovo compagno di viaggio e il panorama sulla valle dell’Adige, davvero molto suggestivo, passa decisamente in secondo piano.

Si tratta veramente dell’ultima fatica, dato che a questo punto mancano soltanto 20 km, in parte in discesa e in parte in pianura per raggiungere Verona. Percorriamo in fretta l’ultimo tratto, tirando fuori energie a noi sconosciute: ormai vogliamo arrivare il prima possibile.

Verso le 18.00 attraversiamo Bussolengo e, nonostante la stanchezza, decidiamo di tirare dritto. Alle 18.30, finalmente, iniziamo a vedere la guglia di San Zeno Maggiore, poi i merli del castello Scaligero e, infine, le arcate dell’Arena, meta ultima del nostro itinerario.

Anche quest’anno, contro tutte le previsioni, ce l’abbiamo fatta e trovarci con le nostre bici, dopo 7 giorni, 550 km, acqua, sole, salite, discese e tanto sudore, davanti ad una meraviglia vecchia 2000 anni, è veramente difficile da descrivere a parole.

Di fronte all’Arena incontriamo gli zii e la cugina di Alessandro, tornati nuovamente in nostro soccorso, questa volta per riportarci la macchina che ci avrebbe ricondotto a casa.


Dopo le foto di rito e alcuni video fatti dallo zio di Alessandro, ci dirigiamo verso la macchina per caricare le biciclette e i nostri bagagli.

Salutiamo i nostri soccorritori e comprendiamo di essere veramente arrivati all’epilogo di un’altra avventura. Non ci resta che salire in macchina e tornare in Toscana, ma solo dopo esserci concessi un’ultima merenda tutti insieme.

Il viaggio di ritorno avviene abbastanza in silenzio. Forse siamo stanchi, forse dobbiamo ancora renderci conto di cosa abbiamo fatto o forse stiamo semplicemente pensando alla nostra prossima meta.

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