La via Francigena - Seconda Tappa

San Quirico d'Orcia - Acquapendente
13 giugno 2013

"Riemerge in lontane chiarità

dalle sue latebre azzurre

e grigie, si sveglia,

terra orciana..." (Mario Luzi)


Ore 8.00: suona la sveglia. Panico generale!

L'argomento "sveglia" merita una minima digressione che ci riporta alla sera precedente e che serve a chiarire ulteriormente i ruoli di ciascuno di noi all'interno del gruppo. La scelta dell'orario del risveglio, apparentemente semplice, ha infatti richiesto una discussione di circa 20 minuti, durante i quali sono state avanzate almeno 35-40 ipotesi diverse, prima di convergere su quella definitiva. Nella discussione sono emerse in sostanza due fazioni: quella composta da Alessandro e Mauro (gli incoscienti) che proponevano di rimettere la sveglia dopo le 9.00 e quella composta da Filippo (il ligio al dovere) che proponeva di alzarsi alle 6.00. Ogni fazione ha giustificato la propria tesi con dati scientificamente provati che, una volta analizzati con cura, hanno portato alla scelta finale. Il siparietto, probabilmente gradito all'intero gruppo, è stato riproposto anche le sere successive.

Tornando all’attuale, dopo 5 minuti di silenzio assoluto, iniziamo piano piano a capire chi siamo, dove siamo e cosa ci attende e il panico, già venutosi a creare con il solo suono della sveglia, dilaga ulteriormente. Ci mettiamo in piedi e constatiamo, con somma soddisfazione personale, che il nostro fisico ha retto abbastanza bene la prima giornata: qualche doloretto muscolare, ma niente di insuperabile.

Il primo pensiero va alla colazione: ogni medico sostiene che si tratta del pasto più importante della giornata e noi non vogliamo certo andare contro la scienza. Andiamo al bar in piazza (lo stesso dell'aperitivo della sera precedente) e ci concediamo una meritata pasta accompagnata da un cappuccino.

Terminata la colazione non abbiamo più scuse alle quali aggrapparci: dobbiamo ripartire. Si tratta di una ripartenza col botto: la via Francigena si allontana infatti da San Quirico d'Orcia inerpicandosi su per una collina. Questo mette subito a dura prova la resistenza psicologica di Filippo che, solo dopo una lunga opera di convincimento da parte del motivatore Maurino, abbandona il suo proposito di prendere un autobus e tornare a Siena.

Anche le crisi di Filippo, così come la questione della sveglia affrontata poco fa, meritano un minimo approfondimento. L'utilizzo del plurale, "le crisi", non è un errore dovuto alla fretta, ma una scelta legata alla costante ripetizione di questi stati d'animo durante tutto il percorso della via Francigena. Le principali cause scatenanti sono da ricercare nella difficoltà di alcuni tratti del percorso e nel caldo torrido delle prime ore pomeridiane. Le manifestazioni di queste crisi comprendono, tra le altre cose, forti alterazioni del tono di voce accompagnate da momenti di intenso calo della fiducia, lanci della bicicletta contro oggetti di varia natura capitati a tiro (rocce, alberi, ecc) e continui riferimenti a mezzi di trasporto a motore (autobus, treno, ...) per tornare a casa. Come anticipato, le crisi si sono frequentemente riproposte (come la peperonata!) durante il tragitto, alcune volte in momenti di oggettiva difficoltà fisica, altre volte scaturite apparentemente dal nulla. In ogni caso, tutti i momenti di scoraggiamento sono stati superati, nel migliore dei modi, grazie agli psicologi Mauro e Alessandro, che hanno sempre saputo far fronte agli scoraggiamenti dell’amico.

La fatica dell’arduo percorso è ripagata dallo spettacolo che ci attende alla fine della salita: l'arrivo al Castello di Vignoni (San Quirico d'Orcia), minuscolo borgo fuori dal tempo, ci regala infatti un panorama infinito su tutta la Val d'Orcia, che toglie veramente il fiato.

La discesa fino alla piazza d'acqua di Bagno Vignoni ci permette di riposare un po' le gambe. Arrivati nel centro del piccolo borgo, prima di rimetterci in movimento, scattiamo alcune foto di rito in prossimità dell’enorme vasca di acqua termale posizionata al centro della piazza. Poco fuori dal minuscolo centro, facciamo un’ulteriore sosta di 5 minuti per salutare Mariangela, un’amica che gestisce l’edicola del paese.


Il percorso è ancora lungo e ripartiamo pieni di speranza e buona volontà. Tuttavia facciamo solo pochi metri e, appena superato il fiume Orcia, veniamo bloccati dal primo vero contrattempo del viaggio: il rocchetto della bicicletta di Filippo si rompe in maniera irreparabile.

Dopo l’attenta perizia da parte dell’ingegnere Alessandro, in seguito alla quale viene diagnosticata la morte clinica della bicicletta, ci facciamo sopraffare da un breve, brevissimo, momento di sconforto, durante il quale il buon Filippo, immolato per la patria, ci chiede anche di continuare senza di lui. Ovviamente questa ipotesi non viene nemmeno presa in considerazione. L’unica soluzione che ci viene in mente per poter proseguire è quella di trovare una bicicletta a noleggio.

Cerchiamo di collegarci ad internet con i cellulari, ma dal momento che ci troviamo nel punto più depresso della Val d’Orcia, non riusciamo a prendere il segnale.

Contattiamo telefonicamente Mariangela, appena salutata, e le chiediamo di darci una mano per trovare qualche noleggiatore nella zona. Mariangela ci ricontatta poco dopo per darci il numero di telefono di un riparatore di San Quirico d’Orcia che, a suo dire, sembra anche prestare un servizio di noleggio biciclette. Lo contattiamo immediatamente e la fortuna, dopo averci inesorabilmente abbandonato, torna dalla nostra parte. 40 minuti più tardi veniamo raggiunti dal noleggiatore che ci porta la “nuova” bicicletta di Filippo e si porta via quella ormai “cadavere”.

L’ora di tempo persa ci fa davvero paura, vista la lunghezza della tappa odierna (60 km). Decidiamo pertanto di abbandonare per un po' il percorso agreste della via Francigena, che in effetti in questo tratto disegna un tracciato abbastanza insensato, e scegliamo di proseguire lungo la via Cassia. Dopo le foto di rito al cartello del 43esimo parallelo nella piccola frazione di Gallina (Castiglione d’Orcia), di fronte al quale viene anche tenuta una lezione di Geografia Astronomica, con il cuore nuovamente colmo di spirito positivo, affrontiamo una questione a noi molto cara: il pranzo.


Ci concediamo un meritatissimo panino alla porchetta accompagnato da un gotto di vino rosso e da un breve riposo al "fresco" degli alberi, fondamentali per prepararci al tratto più difficile della giornata: la scalata verso Radicofani...

… scalata per modo di dire: anche in questo caso, infatti, la scelta condivisa dall’intero gruppo, è quella di proseguire lungo la Cassia, nonostante il percorso preveda la percorrenza di una galleria di circa 1 km in compagnia di camion e auto (non dimentichiamoci che ci siamo autodefiniti “pigri”, quindi non c’è da stupirsi se ogni tanto ci permettiamo di modificare in maniera irrilevante il percorso, allo scopo di ridurre il consumo di calorie). L’ostacolo “galleria” viene superato con successo senza morti né feriti e ci congratuliamo con noi stessi per la nostra saggia decisione.

Quando superiamo la cima Coppi di Radicofani e ci accingiamo a percorrere il tratto in discesa iniziamo a respirare l’odore del successo e decidiamo quindi di meritarci anche un bel bagno nel fiume Paglia. Non appena abbandoniamo la strada per fare la deviazione verso il corso d’acqua, veniamo raggiunti da una sorpresa davvero piacevole: Alessio, un nostro amico di Siena, è venuto a fare un giro in moto per farci un saluto. Davvero un grande!


A Celle sul Rigo (San Casciano dei Bagni) ci concediamo una merenda rigenerativa annaffiata da un “ottimo” bicchiere di prosecco, giunto in nostro soccorso per festeggiare la visita di Alessio. Dallo stesso Alessio, veniamo scortati fino alla frontiera: a Ponte a Rigo (San Casciano dei Bagni) entriamo infatti in Lazio.

A questo punto, arrivare ad Acquapendente è solo questione di una decina di chilometri. Percorriamo il primo tratto pianeggiante, dove non troviamo intoppi ad eccezione di un fornito albero di ciliegie che ci blocca per alcuni minuti: è il modo più giusto per affrontare al meglio l’ultima, immeritata, salita che ci separa dall’arrivo.


L’ultima parte del tragitto che ci manca per giungere a destinazione è effettivamente impegnativa: si tratta di una salita piuttosto ripida con pendenza costante, su un tracciato stradale a tornanti, che ci costringe a spingere la bicicletta a più riprese. La vista del nostro albergo, dopo svoltato l’ultimo tornante, ha su di noi lo stesso effetto prodotto dalla percezione di un oasi da parte di un viandante del deserto.

Giungiamo in hotel alle 19.30. Ci prendiamo giusto il tempo per una doccia rigenerativa, prima di dedicarci alle attività sportive nelle quali siamo campioni: l’aperitivo e la cena.

Dopo una lauta cena (scontato dire che si è trattato anche di un pasto assolutamente giusto e meritato), ci concediamo due passi rilassanti per il paese, allo scopo di scaricare le tensioni muscolari della giornata. Nonostante Filippo, in qualità di personal trainer, abbia più volte spinto per rientrare in camera (la tappa del giorno seguente, avrebbe messo a dura prova i nostri fisici), riusciamo a racimolare un’ulteriore mezzora d’aria, giusto il tempo di una birra in un piccolo locale del centro.

Rientriamo in albergo e dopo una veloce sistemata personale ci mettiamo a letto. Prendere sonno non è affatto difficile.

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