La via Francigena - Terza Tappa


Acquapendente - Viterbo

14 giugno 2013

"La donna prende acqua alla fontana, risale su per il proferlio, guarda quella nave ancorata nel cielo ch'è Viterbo poi rientra, sparisce nell'interno della casa, della città, del tempo." (Mario Luzi)


Anche oggi la giornata inizia con il drammatico suono della sveglia che ci riconduce inesorabilmente al presente. Dopo 10 minuti buoni di silenzio ecclesiastico, iniziamo ad emettere i primi grugniti. Rispetto al giorno precedente, percepiamo immediatamente un maggiore affaticamento muscolare, che rende impegnativo il solo rigirarsi sotto le coperte. Quando il cervello inizia a trasmettere dei segnali un po’ più chiari al corpo, il “maggiore affaticamento muscolare” si trasforma in un lungo elenco di dolori lancinanti.

Ci mettiamo in piedi a fatica, tra gli scricchiolii dei nostri muscoli e iniziamo a concentrarci sulla colazione, sempre per la diffusa teoria che la definisce come il pasto più importante della giornata.

Tuttavia la nostra concentrazione viene distolta da un particolare di non poco conto: Filippo vuole tornare a casa. A suo dire, non è più in grado di proseguire, in quanto avverte un eccessivo appesantimento alle gambe che non gli permette neanche di risalire in bicicletta. Mettiamo in atto l’ormai rodata opera di convincimento, ma ci accorgiamo che questa volta la crisi è un po’ più seria delle altre e Filippo non accenna a fare passi indietro. Ma quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare e allora l’ormai affiatato team di psicologi Alessandro-Mauro, dopo aver estratto numerosi conigli dal cilindro e altrettanti assi dalla manica, riesce a far parzialmente rientrare la crisi di Filippo, il quale concede al gruppo un ultimo tentativo.

Più tranquilli, scendiamo a fare colazione durante la quale ci meritiamo una pastina in più per il successo appena ottenuto.

Partiamo da Acquapendente verso le 10.00 e facciamo subito il primo terribile errore della giornata: per seguire i maledetti cartelli della via Francigena prendiamo un minuscolo e orribile sentiero che ci costringe a spingere la bici per una salita improponibile, quando avremmo potuto percorrere agilmente la strada asfaltata. Prime maledizioni auto-inflitte.

All’uscita del paese troviamo inoltre un’altra incredibile sorpresa: un camion che trasportava blocchi di roccia ribaltato in mezzo alla strada. Sembra veramente che qualcuno non voglia farci proseguire. Riusciamo comunque a passare spingendo la bicicletta lungo il marciapiede, facendo un percorso a zig-zag per evitare i numerosi presenti fermi a disquisire sull’insolito incidente. Da sottolineare, come passando abbiamo potuto udire i classici commenti che in queste occasioni rendono sempre tutti dei perfetti conoscitori della materia della quale si sta parlando: tutto il mondo è paese.

Imbocchiamo quindi il tracciato storico che in 22 km ci porterà verso Bolsena. Qui il percorso è abbastanza facile: la strada disegna un leggero sali-scendi su fondo sterrato che, dopo San Lorenzo Nuovo, ci regala delle magnifiche vedute del lago di Bolsena, attraversando dei veri e propri tappeti di fiori multicolori. Ci fermiamo in un prato a fare alcune foto, ammaliati dal tripudio di colori.

Giusto per aggiungere una nota di colore alla narrazione, all’incirca a metà del percorso, ci fermiamo in prossimità di un’abitazione fuori dalla quale individuiamo la padrona di casa alla quale chiediamo di poter riempire le borracce dell’acqua. La signora ci risponde in un perfetto dialetto viterbese, dicendoci che non può aiutarci, a causa del problema dell’alto contenuto di arsenico nell’acqua di tutta la zona circostante: “l’acqua sta proprio arsenicata!”. Da sottolineare, come ad ogni parola della signora abbiano fatto eco le voci dei due cagnolini di famiglia i quali, ad un certo punto, sono stati gentilmente invitati a tacere: “Zitte, zitte!”. Al termine della conversazione, la signora, saputo che eravamo diretti a Roma e ipotizzando che stessimo andando a trovare Papa Francesco, ci ha chiesto di portargli i suoi saluti e di recitare una preghiera anche per lei. Alessandro, da vero gentleman, ha risposto: “Con piacere, signora!”. In fondo, rendere felice una simpatica e gentilissima signora, non è costato nulla!

Arriviamo a Bolsena verso le 14.00, ancora una volta, casualmente, all’ora di pranzo. Un piatto di tagliatelle con il sugo di pesce di lago accompagnato da un vinello bianco freschissimo, ci aiuta a ripristinare corpo e spirito. Il numero e l’intensità dei pensieri positivi vengono ulteriormente incrementati nel corso del riposino post-pranzo, effettuato in un giardinetto ombreggiato a pochi metri dal lago. Ci appollaiamo in una panchina e ci concediamo un’ulteriore mezzora di stop: già sappiamo che questo riposo sarà fondamentale per poter affrontare alla meno peggio l’ingiusta scalata verso Montefiascone.


I 12 km che ci separano da Montefiascone sono una ininterrotta salita che mette a durissima prova le nostre gambe, già appesantite dall’eccesso di sport dei giorni precedenti. Per giungere al paese, decidiamo di percorrere la Cassia, abbandonando il tracciato impervio della Francigena che in questo tratto si diverte a disegnare un percorso decisamente improbabile (da notare come questa scusa sia nuovamente giunta in nostro soccorso!). Quello che si rivela essere il tratto più impegnativo dell’intero viaggio, oltre alle gambe, crea qualche difficoltà anche nell’umore di Filippo che durante le numerose soste effettuate nel corso dell’arrampicata, ipotizza più volte di voler ricorrere all’aiuto di un mezzo a motore per raggiungere la vetta! Il proposito viene ovviamente accantonato, con il consueto attacco incrociato di Alessandro e Mauro che fanno desistere l’amico dai cattivi propositi.

Gli ultimi chilometri della salita, i più duri, vengono alleggeriti da un pensiero comune che inizia a pervadere le nostre menti. Una sola parola, ripetuta per tre volte, inizia a martellarci la testa: Est! Est!! Est!!! Vladimir Nabokov descrive i movimenti che la lingua disegna all’interno della bocca nel sillabare il nome “Lo-li-ta”, riuscendo a trasformare la semplice descrizione in un atto di pura lussuria. Allo stesso modo, anche noi ripetendo il termine “Est”, e percependo il lieve infrangersi della lingua sui denti, riusciamo a pregustare la corposa sapidità del vino.


Ebbene si. Ancora una volta la scienza ci suggerisce che il miglior modo per reintegrare i sali minerali persi durante la salita, sia quello di gustare un ottimo bicchiere del bianco più famoso della zona, che trae le sue caratteristiche organolettiche dal terreno ricco di minerali vulcanici. Raggiungiamo una cantina all’imbocco del paese e improvvisamente ci dimentichiamo del faticoso percorso appena compiuto. Addirittura, dopo aver bevuto, ci sentiamo così rinvigoriti da desiderare altri 120 km di salita.

La sfortuna vuole che le nostre speranze siano disilluse: la ripartenza è in discesa. Ce ne facciamo, a malincuore, una ragione. L’ultimo tratto, di circa 18 km, fino a Viterbo si rivela essere una passeggiata.

Il primo tratto risulta essere spettacolare, in quanto la via Francigena si sovrappone per diversi chilometri all’antico basolato della via Cassia. Vi assicuriamo che percorrere in bicicletta un selciato messo in posa circa 2.000 anni prima dagli schiavi dell’Impero romano è veramente emozionante.


Giunti in pianura, a pochi chilometri dal capoluogo, ci attende un’altra graditissima sorpresa. Possiamo infatti rilassarci alle terme del Bagnaccio, una serie di pozze di acqua calda, da sempre frequentate dai pellegrini che transitavano lungo la via Francigena. La sosta ci rimette decisamente al mondo.

Arriviamo nel centro di Viterbo alle ore 20.30 circa e, con un colpo di fortuna, ci imbattiamo quasi casualmente nel nostro albergo. Parcheggiamo le biciclette nel garage dell’hotel e corriamo in camera per concederci una doccia.

L’ora tarda non ci spaventa. È venerdì sera e Viterbo pullula di vita. Abbiamo tutto il tempo per prenderci un aperitivo e cenare in un ottimo ristorante del centro, dove mangiamo l’impossibile. Tutto veramente buonissimo!

Il tempo di due passi digestivi e il personal trainer Filippo inizia a ricordarci i nostri doveri. Siamo tutti abbastanza stanchi, da non opporre una grossa resistenza. Torniamo in camera, passano 10 minuti, e tutti a letto… anche perché, abbiamo abbondantemente superato la mezzanotte.

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